sabato 24 giugno 2017

Recensione Fahrenheit 451

Titolo: Fahrenheit 451
Autore: Ray Bradbury
Genere: Distopico
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: €12.00 (copertina flessibile)
Pagine: 166







Trama
Montag fa il pompiere in un mondo in cui ai pompieri non è richiesto di spegnere gli incendi, ma di accenderlo: armati di lanciafiamme, fanno irruzione nelle case dei sovversivi che conservano libri e li bruciano. Così vuole la legge. Montag però non è felice della sua esistenza alienata, fra giganteschi schermi televisivi, una moglie che gli è indifferente e un lavoro di routine. Finché, dall'incontro con una ragazza sconosciuta, inizia per lui la scoperta di un sentimento e di una vita diversa, un mondo di luce non ancora offuscato dalle tenebre della imperante società tecnologica.
Recensione
Buongiorno! Qui è la vostra Katy che vi parla e oggi la qui presente sta morendo di caldo perché fuori stanno facendo la disinfestazione delle zanzare (che poi non so a cosa serva, visto che dopo una settimana sono già tornate) e le finestre sono tutte CHIUSE!
A parte questo, eccomi qui per parlarvi di un libro che aveva sempre destato la mia curiosità, ma che non mi ero mai decisa a leggere fino a che la mia compagna di banco non me l'ha regalato per il compleanno (grazie Fra!).

Guy Montag è un pompiere che vive in una società in cui il loro lavoro è quello di appiccare incendi per bruciare le case di chi è in possesso dei libri proibiti, e quindi bruciare i libri stessi: è un lavoro che fa da dieci anni, non si è mai fatto domande, né ha avuto ripensamenti o altro, ma qualcosa si insinua in lui dopo l'incontro con una giovane ragazza che lo mette di fronte a una realtà completamente nuova, gli fa aprire gli occhi su tutto ciò che aveva sempre avuto davanti agli occhi e che non si era mai degnato di guardare e lo fa riflettere sul rapporto con sua moglie, una donna che si ricorda ben poco e che alterna comportamenti normali a comportamenti da pazza.
Ma soprattutto, questo incontro cambierà il suo modo di vedere il suo lavoro, capirà che forse non tutto è rose e fiori e inizierà a dare un diverso valore ai libri che fino a quel momento è stato solito bruciare, perché, in fin dei conti, chi ha detto che i libri sono inutili, che non sono reali, che portano soltanto infelicità, mentre le macchine sono molto meglio? E chi ha deciso che le persone in possesso di questo libri debbano essere per forza poco sane di mente?
Ecco che, a partire da questi nuovi pensieri, Montag inizierà una sorta di rivoluzione in un'era governata dalle macchine e in cui lui, almeno, non è felice come dovrebbe essere.

Il protagonista dell'opera è Montag, un uomo abitudinario che per dieci anni ha compiuto sempre le stesse azioni: entrare in casa d'altri, devastare e bruciare i libri, portare via le persone di quelle case dai pompieri profanate per mandarle in un manicomio o in strutture del genere. Insomma, un uomo normale che ha sempre seguito l'ordine naturale imposto a tutti dalla propria società.
Tuttavia, sulla soglia dei trent'anni il suo atteggiamento inizia a cambiare: se prima avrebbe riso di fronte alle riflessioni di una ragazza fuori dal normale, se prima si sarebbe quasi immolato per la propria causa, adesso non è più tanto convinto di ciò che sta facendo, si rende conto che nella società in cui i libri sono stati proibiti perché falsi e non portatori di felicità, caratteristica importante e sentimento che tutti devono provare, lui non è felice, ha una moglie che non riconosce neanche più e un lavoro che distrugge qualcosa di valore come i libri.
Ecco che, per tutta la durata della lettura, vediamo un'evoluzione di questo personaggio che lo porta a diventare più sensibile e a lasciarsi alle spalle l'insensibilità che caratterizza i pompieri che non si fanno scrupolo a fare irruzione nelle case altrui: Guy diventa sempre più determinato a cambiare la situazione, non si darà mai per vinto e continuerà a seguire i suoi nuovi ideali che gli sono stati donati da una diciassettenne al quanto strana, con un'incredibile parlantina e un'incredibile voglia di sapere il perché delle cose e di conoscerne anche l'origine. In questo modo, però, si assumerà anche i rischi delle sue azioni perché iniziare una rivoluzione simile davanti agli occhi di tutti potrebbe portarlo a finire in situazioni pericolose, ma che potrebbero anche aumentare ancora di più la sua determinazione.

La società di fronte a cui ci troviamo è la tipica società distopica che noi conosciamo: qui non c'è uno Snow 2.0, anzi di politica quasi non c'è cenno, ma tutte le persone sono costrette a vivere secondo regole fisse che ormai hanno imparato ad accettare e che forse non vedono più come imposizioni.
Il fine di tutto è la felicità (Fra, se mai leggerai questa recensione pensa alla mia canzoncina su Aristotele, mi raccomando) e per arrivarci bisogna eliminare tutto ciò che può turbare l'anima, ovvero i libri: a quanto pare, in questo mondo, questi non sono visti di buon occhio in quanto non rappresentano la realtà, i personaggi sono fittizi e ciò che rappresentano idem, per tanto creano soltanto delle idee erronee nelle menti delle persone, magari anche delle speranze che non porteranno mai nulla di buono, o almeno, questo è quello che credono loro (e gli epicurei... cioè, non è che dicano di bruciare i libri, ma che il fine dell'uomo è la felicità sì).
Inoltre, chiunque sia in possesso di libri deve essere praticamente mandato a morte (okay, così è un po' drammatica) e deve vedere la sua casa ridotta in cenere e accozzaglia di legno per via di qualcuno a caso che ha fatto la spia e che ha denunciato l'uomo/la donna/la famiglia in questione, costringendo i pompieri a intervenire per estirpare la minaccia alla radice, cosa che io trovo veramente deplorevole perché come puoi costringere una persona che magari è il tuo vicino di casa a vedersi privato dei suoi averi? Capisco che fra vicini possa non scorrere buon sangue, ma questo mi pare un po' troppo.

Una cosa che mi ha stupito è il fatto che in determinati punti della lettura lo stile dell'autore si facesse più incalzante, la situazione si svolgeva in un climax ascendente che mi sembrava fosse seguito da un silenzio dopo essere arrivati al culmine, come quando nei film si succedono anche solo una serie di battute che portano gli attori ad alzare sempre di più la voce accompagnati da una musica che cessa immediatamente nel momento in cui uno di questi ha pronunciato qualcosa che o non avrebbe dovuto dire o possiede un peso e una coscienza troppo grande per continuare il dialogo.
In particolare, questa caratteristica l'ho trovata nei momenti in cui i protagonista pensava, quando il suo flusso di pensieri diventava talmente ingombrante e altisonante da aver bisogno di un respiro finale per via della sua intensità e del peso che quegli stessi pensieri avevano nell'animo di Montag, perché significavano la fine del mondo da lui conosciuto, la fine della sua esistenza fino a quel momento e l'inizio di una nuova vita, di una nuova e ritrovata felicità che prima forse non aveva potuto apprezzare a pieno oppure non in questa forma.

Questo libro ci pone di fronte a un mondo in cui i nostri compagni più fedeli vengono banditi dalla legge perché considerati illusori... ma non è forse questo anche ciò che ci avvicina a loro? La possibilità di pensare a come sarebbe potuta andare diversamente la nostra vita se quei mondi che gli autori ci dipingono con le loro magiche immaginazioni fossero stati reali? Non è anche questo il bello della lettura, il fatto che non per forza deve essere veritiera una storia, ma basta che ci sappia trasportare in epoche diverse, in vite diverse e in mondi inesplorati nonostante non esistano?
E allora io mi sono chiesta: perché questi uomini condannano in questo modo le storie contenute nei libri? Non può essere semplicemente il fatto che non rappresentano la realtà. E quindi questa è la mia conclusione, giusta o sbagliata che sia: come nell'antichità le Streghe venivano messe al rogo perché si pensava che fossero oggetto del Demonio, così in questa società i romanzi vengono eliminati per paura, sì, paura dell'ignoto, di qualcosa che va al di là delle nostre capacità mentali e forse della nostra capacità di comprendere, di qualcosa che mostra una faccia diversa del nostro stesso mondo, paura di scoprire forse mondi migliori, mondi in cui apparentemente tutti sembrano felici, e di scoprire che il nostro invece non ci arriva nemmeno lontanamente a quella costituzione... e se questo turba gli animi dei lettori di questa società, magari dei Grandi personaggi della loro contemporaneità, perché non eliminare il problema eliminando proprio ciò che potrebbe far sì che gli uomini si ribellino ai propri capi pretenziosi, ai governatori licenziosi, a una società ingiusta?
I libri per loro sono armi, armi letali che possono sovvertire l'ordine naturale del mondo, ma forse loro non si rendono conto del fatto che quest'ordine è già andato perduto da molto tempo e che non ha senso oramai preoccuparsi di questo. Preoccupiamoci delle persone, di come si sentono e compiamo azioni non per il nostro tornaconto ma per quello degli altri.
Voto:

5 commenti:

  1. Allora,
    1. Prego Katy! Non c'è di ché!
    2. Aristotele... si si me la ricordo la canzoncina ahaha come scordarla? 😂😂
    Infine, che filosofia! E mi piace la tua idea
    Ps. Sono contenta ti sia piaciuto, addirittura bellissimo! Yess haha :)

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    1. Eh, la mia canzoncina su Ari è troppo bella... della serie Al Bano levate grazie! :)

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. Ops.. l'ho cancellato hahah
      Comunque era questo:Hahahah oh se ne te vengono altre mandamele così ridiamo insieme (cantando) 😂😂😂

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