Autore: Jennifer Niven
Genere: Narrativa straniera
Casa editrice: Deagostini
Prezzo: €14.90 (copertina rigida)
€10.90 (copertina flessibile)
Pagine: 400
Trama
E' una gelida mattina d'inverno quella in cui Theodore Finch decide di salire sul tetto della sua scuola solo per capire che cosa si prova a guardare di sotto. L'ultima cosa che si aspetta però è di trovare qualcun altro lassù, in bilico sul cornicione. Men che meno Violet Markey, una delle ragazze più popolari del liceo. Eppure FInch e Violet si somigliano più di quanto possano immaginare. Sono due anime fragili: lui lotta da anni con la depressione, lei ha visto morire la sorella in un terribile incidente d'auto. E' in quel preciso istante che i due ragazzi iniziano a provare la vertigine che li legherà nei mesi successivi. Una vertigine che per lei potrebbe essere un nuovo inizio, e per lui l'inizio della fine...
Recensione
Recensione
Buongiorno, vi sto scrivendo questa recensione il 22 agosto alle ore 19.21, giorno in cui ho finito di leggere questo libro, giorno in cui ho versato un paio di lacrime per la seconda volta nella mia vita da lettrice, giorno in cui il mio cuore si è spezzato in tanti piccoli frammenti perché, sebbene conoscessi già come sarebbe andata a finire, non ero pronta al finale, lo pensavo (lo speravo), ma non è stato così e al solo pensarci mi pizzicano gli occhi e il naso (segno che, se non la smetto subito, potrebbero arrivare le lacrime e uscire oppure rimanere nei miei occhi).
Comunque, quando la vedrete sarà il 13 ottobre (sì, l'ho già programmata con due mesi di anticipo), tre giorni prima dell'uscita di "Oblivion-Opal", poco più di un mese alla prima puntata della sesta e ultima stagione di Teen Wolf e io piango perché non sono psicologicamente pronta, anche adesso, due mesi e mezzo prima, ma smettiamo subito di pensare a cose tristi, come la scuola, la fine dei libri sulla saga Lux (ti prego, uno spin-off su Archer e Dee, o su Luc, per favore!), la fine di Teen Wolf... una parola: mainagioia.
Ma meglio iniziare con la recensione perché altrimenti non ce la posso proprio fare e già non so come farò a parlarvi di questo libro senza che i miei pensieri partano per la tangenziale.
Theodore Finch si trova sul cornicione della sua scuola perché vuole scoprire cosa si prova a volare, a guardare di sotto, quando scorge lì sopra Violet Markey, il tipo di ragazza che nessuno si aspetterebbe di vedere su un cornicione, probabilmente con l'intento di buttarsi di sotto: è per questo che lui decide di "salvarla" dal pubblico che si è radunato sotto di loro facendo intendere che la sua presenza è dovuta alla sua volontà di salvarlo dal suicidio. Così lei diventa la salvatrice che lo ha convinto a non buttarsi.
Fra i due nascerà poi una strana amicizia, che si trasformerà in una storia d'amore, complice anche un compito in classe che prevede di visitare alcuni luoghi importanti della loro regione da fare in coppia: tra i due si creerà, quindi, un legame speciale, alla ricerca di un giorno perfetto dall'inizio fino alla fine, ma non sarà facile perché bisognerà vedere se lei supererà la sua paura nata dall'incidente in cui è morta la sorella e se lui apprezzerà la felicità e lascerà il buio relegato in angoli introvabili.
Dunque, è estremamente difficile parlare di questo libro perché di considerazioni da fare ne avrei anche parecchie e pure belle (che, naturalmente, le idee per scriverle mi vengono quando non sono al computer e quando poi ci sono davanti non sono uguali a quelle che avevo pensato, ma questi sono dettagli... enormi, ma dettagli) e non so da dove iniziare, magari provo dai personaggi, con la speranza di non scrivere troppo perché 1) non voglio annoiarvi, 2) mi piacerebbe scrivere tutto quello che c'è nella mia testolina.
Finch è un ragazzo che viene considerato strano, pazzo, dalla stragrande maggioranza della gente, persino dai suoi compagni di scuola e dai genitori, per via di alcuni suoi comportamenti che gli hanno dato soprannomi come "lo schizzato" e "il fenomeno" e per via del fatto che a volte potrebbe sembrare ritardato o comunque uno che la testa la usa per sciocchezze. Quello che nessuno sa è che la sua vita è un disastro, più volte pensa a suicidarsi, ma non lo fa mai: quando poi compare nella sua vita Violet, qualcosa cambia, con lei vuole cercare di capire chi è, qual è la versione di sé, fra quelle che mostra, che lo identifica al meglio, che lo identifica come Finch.
Però questo non sarà facile perché nei momenti difficili si ritrova sempre da solo, la sua famiglia non si preoccupa per lui, nessuno gli fa visita in camera o si degna di informarsi della scuola: è questo che, secondo me, lo ha portato ad essere quello che è, lo ha portato a disprezzare se stesso per il fatto di non essere come il figlio o il fratello che la sua famiglia avrebbe sempre voluto, lo ha fatto sentire poco apprezzato e diverso.
La sua famiglia, in ogni caso, non è proprio chissà quale famiglia: più volte negli anni è andato via di casa e ci è rimasto per un po' di giorni, eppure la madre non si preoccupa per nulla, anzi continua a ripetersi che "tanto, prima o poi ritorna come sempre", e l'unica che si interessa di lui è la sorella che però non è spesso presente perché è già all'università (per non parlare del padre, un personaggio che ti fa salire l'Avada Kedavra, e ho detto tutto); questo fa pensare che ci sono parecchi genitori che non si curano dei propri figli, che li lasciano andare per la loro strada senza neanche dar loro una linea guida da seguire, li lasciano a se stessi come se fossero già adulti che sanno fare le scelte da soli.
Devo dire che sotto questo punto di vista assomiglia un po' ai genitori di Margo di "Città di Carta", a cui non importa molto della figlia...
Violet è una ragazza che si colpevolizza della morte della sorella, avvenuta nove mesi prima, e che non riesce a riprendersi completamente da questa perdita, anzi non vuole, ma i suoi genitori cercano di spingerla a tornare alla sua vecchia vita: quando incontra Finch sul cornicione, inizia una sorta di complicità e i due ben presto si innamoreranno, però, se da una parte è felice con lui, dall'altra non può non accorgersi che ci sono dei momenti in cui sembra isolarsi e non sa come aiutarlo.
Personalmente, il suo personaggio mi è piaciuto molto, non quanto quello di Finch, certo, però mi è piaciuto vedere il suo PoV all'interno della storia, vedere come si prende la colpa di tutto e vedere come spesso si sente soffocare dai suoi genitori che la spingono a fare cose che non avrebbe voglia di fare.
Mi piace anche il fatto che entrambi siano forti e fragili al tempo stesso, che sembrino essere persone normali, ma al contempo persone rotte dentro, laddove nessuno lo può vedere.
La storia si basa principalmente sulla tematica del suicidio giovanile, un atto che spesso è dovuto alla non accettazione di se stessi dovuta al fatto che nessuno fa sentire la persona in questione speciale o comunque come se contasse qualcosa, come se fosse come tutti gli altri nonostante i difetti: quando si pensa al suicidio si pensa a un atto di egoismo, perché chi si uccide pensa solo a lenire il proprio dolore o a mettere fine ai suoi problemi e non alle persone che si lascia dietro, al loro dolore, però io non penso che sia propriamente un atto di egoismo perché se nella propria vita uno non è accettato da nessuno, a nessuno gli importa qualcosa di lui, allora com'è possibile che quando se ne va tutti lo vedano come qualcuno che ha pensato solo a se stesso? Perché, gli altri cosa hanno fatto per tutta la sua vita? Hanno badato solo a se stessi, non l'hanno fatto sentire amato, l'hanno fatto sentire solo al mondo. E non basta qualcuno che dica "Guarda che non sei solo" perché si può essere benissimo soli in mezzo alle persone e per gli adolescenti, che sono peggio delle donne incinte che cambiano umore e idea ogni tre secondi e che sono fragili, la solitudine si sente parecchio perché oltre ad essa uno si fa tanti problemi (e fidatevi, parla una che problemi come quelli che andrò a elencare se ne fa parecchi e spesso), si chiede che senso ha esistere se nessuno sembra amarlo, pensa che sarebbe stato meglio non nascere, che probabilmente la sua esistenza non farebbe differenza nelle vite altrui, che se uno morisse in questo preciso istante non importerebbe quasi a nessuno, nessuno sentirebbe la sua mancanza a parte quelle poche persone che si possono contare sulle dita di una mano.
Perché le lacrime di coccodrillo sono molto brave a scendere, ma ancora di più è facile dare la colpa a chi si è suicidato, dicendo che ha compiuto un gesto egoista, però perché nessuno cerca di capire perché? Perché è più facile dare la colpa a qualcuno che è morto che non a se stessi per non averlo/a fatto/a sentire bene con il proprio io, per non aver fatto capire al suddetto che per qualcuno era importante, per non aver capito o non aver voluto capire che c'era qualcosa che non andava.
Dopo questo sproloquio molto serio vi trascrivo la conversazione avuta con mio nonno subito dopo aver finito quel finale straziante, quel finale che mi ha fatto scendere un paio di lacrime per la seconda volta (che sarebbero state anche di più se, nel momento in cui sono scese, non fosse arrivata mia madre e io non avessi tentato in tutti i modi di ricacciarle indietro perché lei è il tipo da "Ma cosa piangi per qualcosa di non reale!", affermazione alla quale risponderei così: "Senti, mi hai guardato male quando ho pianto durante la 5x03 di Glee, per Cory, ma vorrei vedere te se fossi stata la più grande fan di Lady Diana, come avresti reagito alla sua morte!"):
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER
-Pronto nonno
-Pronto, allora hai finito di leggere?
-Sì...
-Com'era?
-Eh, è finito male...
-Come mai?
-E' un libro che parla di suicidio...
-Ah, ma non devi leggere libri del genere! Be', probabilmente non lo sapevi, vero?
-Eh già... (quello che avrei voluto dire: "In realtà sapevo come sarebbe andato a finire, ma non ero pronta comunque")
FINE POSSIBILI SPOILER
Insomma, non so se avete capito com'ero alla fine del libro: ero a pezzi, i miei sorridevano e parlavano come se nulla fosse, mentre io stavo cercando di rimettere a posto i cocci del mio povero cuoricino, nella speranza di non mettermi a piangere davanti a loro perché mi avrebbero guardato malissimo, con la stessa faccia che usano quando chiedo loro il permesso per comprare un libro che ho già letto in ebook... della serie "Ma anche no, Carla (che è il mio vero nome)!"
Una storia che parla delle fragilità degli adolescenti, che fai felici con un piccolo gesto, così come sempre con un piccolo gesto puoi distruggere, sì perché noi adolescenti siamo un po' strani, se non ci sentiamo amati non siamo felici, se veniamo esclusi ci colpevolizziamo, ci diciamo che se non abbiamo amici è perché c'è qualcosa di sbagliato in noi, qualcosa che non va, e molto spesso non parliamo.
Quello che ci dice l'autrice è di non tenerci tutto dentro, di ricordarci che non siamo soli, però, da una che non ha passato bei momenti con le persone, che è stata esclusa da coloro che credeva essere sue amiche e che non ha mai avuto qualcuno con cui confidarsi, non è facile. Non è facile parlare con qualcuno dei nostri problemi, ma ancora di più non è facile trovare qualcuno che non ci giudichi per quello che abbiamo da dire, qualcuno di cui ci si possa fidare, specie quando nessuno ti fa vedere che per te ci sarà quando sarai nei tuoi momenti più oscuri. Perché queste sono parole, ma i fatti sono tutti un'altra cosa.
Una storia bellissima quanto straziante, una vicenda che fa riflettere sui problemi dell'adolescenza che sono più frequenti di quanto si voglia credere.
Un libro che consiglierei a tutti perché è veramente bello, anche se in alcune parti potrebbe ricordare un po' "Città di Carta" di John Green per via di quello che succede nel finale (chi li ha letti entrambi capirà a cosa mi riferisco); un libro che nella prima parte è abbastanza luminoso, ma che assume toni più cupi nella seconda metà, per poi vedere una specie di rinascita dei personaggi (di uno in particolare) nelle ultime pagine.
Assolutamente un must-read e uno dei libri più belli e profondi che io abbia mai letto.
Voto:
Comunque, quando la vedrete sarà il 13 ottobre (sì, l'ho già programmata con due mesi di anticipo), tre giorni prima dell'uscita di "Oblivion-Opal", poco più di un mese alla prima puntata della sesta e ultima stagione di Teen Wolf e io piango perché non sono psicologicamente pronta, anche adesso, due mesi e mezzo prima, ma smettiamo subito di pensare a cose tristi, come la scuola, la fine dei libri sulla saga Lux (ti prego, uno spin-off su Archer e Dee, o su Luc, per favore!), la fine di Teen Wolf... una parola: mainagioia.
Ma meglio iniziare con la recensione perché altrimenti non ce la posso proprio fare e già non so come farò a parlarvi di questo libro senza che i miei pensieri partano per la tangenziale.
Theodore Finch si trova sul cornicione della sua scuola perché vuole scoprire cosa si prova a volare, a guardare di sotto, quando scorge lì sopra Violet Markey, il tipo di ragazza che nessuno si aspetterebbe di vedere su un cornicione, probabilmente con l'intento di buttarsi di sotto: è per questo che lui decide di "salvarla" dal pubblico che si è radunato sotto di loro facendo intendere che la sua presenza è dovuta alla sua volontà di salvarlo dal suicidio. Così lei diventa la salvatrice che lo ha convinto a non buttarsi.
Fra i due nascerà poi una strana amicizia, che si trasformerà in una storia d'amore, complice anche un compito in classe che prevede di visitare alcuni luoghi importanti della loro regione da fare in coppia: tra i due si creerà, quindi, un legame speciale, alla ricerca di un giorno perfetto dall'inizio fino alla fine, ma non sarà facile perché bisognerà vedere se lei supererà la sua paura nata dall'incidente in cui è morta la sorella e se lui apprezzerà la felicità e lascerà il buio relegato in angoli introvabili.
Dunque, è estremamente difficile parlare di questo libro perché di considerazioni da fare ne avrei anche parecchie e pure belle (che, naturalmente, le idee per scriverle mi vengono quando non sono al computer e quando poi ci sono davanti non sono uguali a quelle che avevo pensato, ma questi sono dettagli... enormi, ma dettagli) e non so da dove iniziare, magari provo dai personaggi, con la speranza di non scrivere troppo perché 1) non voglio annoiarvi, 2) mi piacerebbe scrivere tutto quello che c'è nella mia testolina.
Finch è un ragazzo che viene considerato strano, pazzo, dalla stragrande maggioranza della gente, persino dai suoi compagni di scuola e dai genitori, per via di alcuni suoi comportamenti che gli hanno dato soprannomi come "lo schizzato" e "il fenomeno" e per via del fatto che a volte potrebbe sembrare ritardato o comunque uno che la testa la usa per sciocchezze. Quello che nessuno sa è che la sua vita è un disastro, più volte pensa a suicidarsi, ma non lo fa mai: quando poi compare nella sua vita Violet, qualcosa cambia, con lei vuole cercare di capire chi è, qual è la versione di sé, fra quelle che mostra, che lo identifica al meglio, che lo identifica come Finch.
Però questo non sarà facile perché nei momenti difficili si ritrova sempre da solo, la sua famiglia non si preoccupa per lui, nessuno gli fa visita in camera o si degna di informarsi della scuola: è questo che, secondo me, lo ha portato ad essere quello che è, lo ha portato a disprezzare se stesso per il fatto di non essere come il figlio o il fratello che la sua famiglia avrebbe sempre voluto, lo ha fatto sentire poco apprezzato e diverso.
La sua famiglia, in ogni caso, non è proprio chissà quale famiglia: più volte negli anni è andato via di casa e ci è rimasto per un po' di giorni, eppure la madre non si preoccupa per nulla, anzi continua a ripetersi che "tanto, prima o poi ritorna come sempre", e l'unica che si interessa di lui è la sorella che però non è spesso presente perché è già all'università (per non parlare del padre, un personaggio che ti fa salire l'Avada Kedavra, e ho detto tutto); questo fa pensare che ci sono parecchi genitori che non si curano dei propri figli, che li lasciano andare per la loro strada senza neanche dar loro una linea guida da seguire, li lasciano a se stessi come se fossero già adulti che sanno fare le scelte da soli.
Devo dire che sotto questo punto di vista assomiglia un po' ai genitori di Margo di "Città di Carta", a cui non importa molto della figlia...
Violet è una ragazza che si colpevolizza della morte della sorella, avvenuta nove mesi prima, e che non riesce a riprendersi completamente da questa perdita, anzi non vuole, ma i suoi genitori cercano di spingerla a tornare alla sua vecchia vita: quando incontra Finch sul cornicione, inizia una sorta di complicità e i due ben presto si innamoreranno, però, se da una parte è felice con lui, dall'altra non può non accorgersi che ci sono dei momenti in cui sembra isolarsi e non sa come aiutarlo.
Personalmente, il suo personaggio mi è piaciuto molto, non quanto quello di Finch, certo, però mi è piaciuto vedere il suo PoV all'interno della storia, vedere come si prende la colpa di tutto e vedere come spesso si sente soffocare dai suoi genitori che la spingono a fare cose che non avrebbe voglia di fare.
Mi piace anche il fatto che entrambi siano forti e fragili al tempo stesso, che sembrino essere persone normali, ma al contempo persone rotte dentro, laddove nessuno lo può vedere.
La storia si basa principalmente sulla tematica del suicidio giovanile, un atto che spesso è dovuto alla non accettazione di se stessi dovuta al fatto che nessuno fa sentire la persona in questione speciale o comunque come se contasse qualcosa, come se fosse come tutti gli altri nonostante i difetti: quando si pensa al suicidio si pensa a un atto di egoismo, perché chi si uccide pensa solo a lenire il proprio dolore o a mettere fine ai suoi problemi e non alle persone che si lascia dietro, al loro dolore, però io non penso che sia propriamente un atto di egoismo perché se nella propria vita uno non è accettato da nessuno, a nessuno gli importa qualcosa di lui, allora com'è possibile che quando se ne va tutti lo vedano come qualcuno che ha pensato solo a se stesso? Perché, gli altri cosa hanno fatto per tutta la sua vita? Hanno badato solo a se stessi, non l'hanno fatto sentire amato, l'hanno fatto sentire solo al mondo. E non basta qualcuno che dica "Guarda che non sei solo" perché si può essere benissimo soli in mezzo alle persone e per gli adolescenti, che sono peggio delle donne incinte che cambiano umore e idea ogni tre secondi e che sono fragili, la solitudine si sente parecchio perché oltre ad essa uno si fa tanti problemi (e fidatevi, parla una che problemi come quelli che andrò a elencare se ne fa parecchi e spesso), si chiede che senso ha esistere se nessuno sembra amarlo, pensa che sarebbe stato meglio non nascere, che probabilmente la sua esistenza non farebbe differenza nelle vite altrui, che se uno morisse in questo preciso istante non importerebbe quasi a nessuno, nessuno sentirebbe la sua mancanza a parte quelle poche persone che si possono contare sulle dita di una mano.
Perché le lacrime di coccodrillo sono molto brave a scendere, ma ancora di più è facile dare la colpa a chi si è suicidato, dicendo che ha compiuto un gesto egoista, però perché nessuno cerca di capire perché? Perché è più facile dare la colpa a qualcuno che è morto che non a se stessi per non averlo/a fatto/a sentire bene con il proprio io, per non aver fatto capire al suddetto che per qualcuno era importante, per non aver capito o non aver voluto capire che c'era qualcosa che non andava.
Dopo questo sproloquio molto serio vi trascrivo la conversazione avuta con mio nonno subito dopo aver finito quel finale straziante, quel finale che mi ha fatto scendere un paio di lacrime per la seconda volta (che sarebbero state anche di più se, nel momento in cui sono scese, non fosse arrivata mia madre e io non avessi tentato in tutti i modi di ricacciarle indietro perché lei è il tipo da "Ma cosa piangi per qualcosa di non reale!", affermazione alla quale risponderei così: "Senti, mi hai guardato male quando ho pianto durante la 5x03 di Glee, per Cory, ma vorrei vedere te se fossi stata la più grande fan di Lady Diana, come avresti reagito alla sua morte!"):
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER
-Pronto nonno
-Pronto, allora hai finito di leggere?
-Sì...
-Com'era?
-Eh, è finito male...
-Come mai?
-E' un libro che parla di suicidio...
-Ah, ma non devi leggere libri del genere! Be', probabilmente non lo sapevi, vero?
-Eh già... (quello che avrei voluto dire: "In realtà sapevo come sarebbe andato a finire, ma non ero pronta comunque")
FINE POSSIBILI SPOILER
Insomma, non so se avete capito com'ero alla fine del libro: ero a pezzi, i miei sorridevano e parlavano come se nulla fosse, mentre io stavo cercando di rimettere a posto i cocci del mio povero cuoricino, nella speranza di non mettermi a piangere davanti a loro perché mi avrebbero guardato malissimo, con la stessa faccia che usano quando chiedo loro il permesso per comprare un libro che ho già letto in ebook... della serie "Ma anche no, Carla (che è il mio vero nome)!"
Una storia che parla delle fragilità degli adolescenti, che fai felici con un piccolo gesto, così come sempre con un piccolo gesto puoi distruggere, sì perché noi adolescenti siamo un po' strani, se non ci sentiamo amati non siamo felici, se veniamo esclusi ci colpevolizziamo, ci diciamo che se non abbiamo amici è perché c'è qualcosa di sbagliato in noi, qualcosa che non va, e molto spesso non parliamo.
Quello che ci dice l'autrice è di non tenerci tutto dentro, di ricordarci che non siamo soli, però, da una che non ha passato bei momenti con le persone, che è stata esclusa da coloro che credeva essere sue amiche e che non ha mai avuto qualcuno con cui confidarsi, non è facile. Non è facile parlare con qualcuno dei nostri problemi, ma ancora di più non è facile trovare qualcuno che non ci giudichi per quello che abbiamo da dire, qualcuno di cui ci si possa fidare, specie quando nessuno ti fa vedere che per te ci sarà quando sarai nei tuoi momenti più oscuri. Perché queste sono parole, ma i fatti sono tutti un'altra cosa.
Una storia bellissima quanto straziante, una vicenda che fa riflettere sui problemi dell'adolescenza che sono più frequenti di quanto si voglia credere.
Un libro che consiglierei a tutti perché è veramente bello, anche se in alcune parti potrebbe ricordare un po' "Città di Carta" di John Green per via di quello che succede nel finale (chi li ha letti entrambi capirà a cosa mi riferisco); un libro che nella prima parte è abbastanza luminoso, ma che assume toni più cupi nella seconda metà, per poi vedere una specie di rinascita dei personaggi (di uno in particolare) nelle ultime pagine.
Assolutamente un must-read e uno dei libri più belli e profondi che io abbia mai letto.
Voto:
Una recensione a dir poco stupenda, wow sono senza parole <3
RispondiEliminaGrazie! <3
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